Doppelgänger, etimologicamente “il doppio che passa”, è un termine tedesco che guarda al concetto di doppio da sè, di sosia, o anche alla fugace percezione che talvolta si ha nel cogliere la propria immagine passarci accanto.
Tale vertigine non a caso è stata interpretata dal folclore come ‘presagio di morte’, annoverando fra i testimoni di questa interpretazione personalità come quelle del poeta inglese Shelley, Donne, ma anche Marco Giunio Bruto, figlio adottivo di Cesare.
Il diorama, nell’assumere questo tema, elegge come soggetto privilegiato della propria ricerca ancora una volta il Tempo, qui distante da quello della memoria, ma altrettanto metafisico se inteso come sfondo dell’incontro con l’identico, segno di un presagio. Quale?
Questa la domanda che il diorama pone, snocciolando indizi all’interno delle sue forme, sempre simboliche dunque sempre parlanti, che interpretate alla stregua di geroglifici, rivelano una narrazione coerente sul portato del concetto di Doppelgänger.
Il gioco è quindi centrato sull’essenza del ‘doppio’, dell’Altro come Identico ma Nascosto, quell’altro di noi (e non da noi) che fa capolino per consegnarci un preciso messaggio.
L’animale si sdoppia, così come gli indici posti ora a latere della
composizione a mo’ di isole; la base del diorama si fa circolare ad imitatio del καιρός, “il momento giusto, supremo” secondo i Greci; mentre gli elementi della composizione tutta trattano della dualità e delle sue evoluzioni. Da qui il carattere essenzialmente descrittivo e tattico dei titoli delle opere, mutuati dal linguaggio scacchistico, che suggeriscono il punto strategico – e narrativo – nel quale ci si trova, il momento della partita fra noi e la comprensione del Doppelgänger attraverso il diorama, attraverso gli oggetti, gli animali e la loro disposizione, rappresentazioni miniate del mistero e del pensiero che vi gira intorno.